domenica 10 gennaio 2010

Textures


Per alcuni il cibo è una esperienza che coinvolge oltre i sensi preposti alla sua assimilazione. Per me è così. A volte il desiderio di un determinato cibo mi si forma nella mente per il desiderio di sentire con la bocca contrasti di sapori o consistenze. L'alternanza dolce salato, duro morbido, croccante fondente... A volte si fanno cose strane come bere panna liquida per riempirsi la bocca di un liquido freddo, denso, della dolcezza che solo i grassi possono avere, che diventa subito tiepido a contatto con le mucose, vellutato sulla lingua, patinante...
Il cibo quindi è un nutrimento "altro", scisso dalla sua capacità nutritiva prettamente salutistica, offre l'accesso immediato al piacere. E diventa il nutrimento di chi è alla ricerca di sensazioni.
L'approccio sensoriale può essere innato o si può sviluppare, richiede apertura mentale, voglia di provare l'inconsueto, e capacità propriocettive. Ognuno di noi ha una bocca, denti, lingua e cervello. Questo è ciò che serve.
Allora l'atto di mangiare diventa esperienza sensoriale sensuale, dove possono venir coinvolti tutti i cinque sensi.
Ci sono momenti dove prediligo ovviamente il gusto, la sua sollecitazione mediante il continuo alternare cibi dolci a cibi salati, in una esaltazione vicendevole che non lascia mai spazio alla stucchevolezza del troppo dolce o all'aridità del troppo salato...
Ci sono volte invece che vado alla ricerca di sensazioni tattili... non solo mangiare con le mani ma l'attenzione nel percepire textures diverse: la croccantezza secca fresca di una michetta che oppone resistenza ai denti nel primo morso di un panino e poi la sensazione fondente data sempre ai denti di ciò che c'è dentro, un formaggio stagionato semiduro o salame tagliato a coltello...
... la sensazione fondente e cremosa che coinvolge anche la lingua di un camembert... la turgidità sottostante la pelle delicatissima e sottile di un litchi...
... il kaki che nasconde lingue sfuggenti, prima viscide e poi consistenti come in un bacio iniziato indeciso...
Certe volte scatta il desiderio di un cibo per il rumore che fa, penso a tanta verdura cruda, carote, sedano, finocchi, a certa frutta, alle mele un po' acerbe... la gratificazione di un TLOC che indica che si è vinta una resistenza...
... o al rumore di macinamento di certi semi...
... o alla sorpresa di un sapore differente dall'odore, come succede con il caffè o con certi formaggi stagionati molli dall'odore intenso e per certi versi ripugnante che ti premiano del coraggio per averli adddentati con sapori sconvolgenti e consistenze sublimi...
A volte invece non è chiaro il senso coinvolto, come la scarica elettrica seguita dal mutamento termico e dalle lacrime che provocano certi cibi piccanti. E' doloroso ed è bello...
E così, nel pieno della trance sensoriale, si continua a perpetuare il loop gustativo, tattile, uditivo, visivo, olfattivo... con il rischio di perdere il controllo e il senso del gusto.
Perché il confine tra l'essere un sensation seeker e diventare un binge eater è labile.
Viene richiesto il controllo nell'esperire il lasciarsi andare.
Come nel sesso.
Per chi è borderline su questo confine, come me, la soluzione è cercare sensazioni alternative al cibo, che deve dare piacere ma non può esserne l'unica fonte.
La propriocettività del muoversi seguendo una musica, il trattare la propria pelle con trattamenti che stimolino la sensazione tattile e olfattiva in modalità sensuale, il contatto con abiti che siano visivamente e tattilmente donanti, un certo modo di fare sesso, il coinvolgimento passionale in cose, esperienze, persone nuove... lasciandosi andare ma restando vigili.

Per non perdersi niente.


P.S. A chi è interessato ad approfondire le dinamiche tra cibo, gusto e percezione ho letto un libro bellissimo, "Il cervello goloso" di André Holley - Edizioni Bollati Boringhieri - Scienze

7 commenti:

lophelia ha detto...

Bellissimo post. E grazie anche del consiglio di lettura.
A proposito di sinestesìe legate al cibo, mi viene in mente una volta che ero a Venezia con il mio compagno e dovevamo pranzare - possibilmente senza svenarci. Nella zona dove eravamo gli unici locali abbordabili erano quelli che espongono coloratissime e fintissime foto di cibo che sembra fatto di plastica...ho sofferto tantissimo, e ho preso la cosa più semplice - una caprese. Magari la loro cucina non era neanche malvagia, ma vedere quelle foto...orrore!

mk ha detto...

Grazie, e grazie a te che l'hai fatto scaturire con la "Confessione della Panna". Si ho presente gli orrendi menu fotografici. Mi fanno passare la fame di solito... Allora forse meglio le ricostruzioni in cera o plastica che usano in Giappone, più vere del vero!

Anonimo ha detto...

Grazie del consilgio letterario e grazie per questo sensuale post che... dona piacere anche alla mente, nel leggerlo.
A me manca tutto questo.
Il cibo è ancora un qualche cosa che riempie.
Non ancor un piacere.
Men che meno.... il resto... quant' è duro...

mk ha detto...

E' un percorso, occhi di notte, e tu l'hai già iniziato. Sicuramente.

lophelia ha detto...

Un saluto...passo di qui a volte e il tuo diario di sapori mi manca...
ciao!

Unknown ha detto...

Ciao. Complimenti per questo bell'articolo.
Sono diventata una tua sostenitrice su google friend connect.
Che ne dici di ricambiare e di scambiarci i link?
Il mio sito è http://www.dietabellezzaebenessere.com/

fammi sapere

Anonimo ha detto...

Ciio! E' tanto che non scrivi e che non ci sentiamo ma non mi sono scordata di te! C'è un premio per te, nel mio blog!