Torno a scrivere dopo tantissimo tempo che sembrerebbe di inattività, ma si mangia tutti i giorni e si cucina quasi sempre. Chi mi segue da tempo oppure chi ha iniziato a seguirmi da poco, sa che negli anni ci sono state modificazioni nel mondo che riguardano le comunicazioni, e che i canali social, che hanno fatto virare verso una condivisione più immediata, meno pensata apparentemente, in cui si privilegia l'immagine rispetto al testo, ora hanno la fetta più grande. Anche perché, per condividere una foto ci vogliono pochi secondi, mentre per mettersi a scrivere un testo ci vuole tempo, energia e voglia. E chiarezza mentale e di intenti.
Stiamo vivendo, tutti quanti, un periodo di grande sconforto, e alla maggioranza di noi è richiesto di restare chiusi in casa, con una primavera che sta esplodendo, uscendo solo se strettamente necessario e solo per le emergenze. Per non facilitare la diffusione di un virus che sta piegando la nostra società sia a livello di sanità collettiva che economicamente.
In questi giorni di clausura, per chi vive da solo sentiti con maggior profondità, è naturale ripiegarsi sul cibo e in special modo sui dolci. L'Italia, con le sue molteplici varietà ed eccellenze, è un paese fortunato. L'indulgere ogni giorno in un pezzetto ulteriore di parmigiano reggiano, non ha pari con l'indulgere con uno qualsiasi dei formaggi industriali che nella maggior parte del pianeta sono la quotidianità. E questo solo per fare un esempio.
Da ogni parte ci si giri, abbiamo la fortuna di trovare ingredienti e cibi gustosi, golosi, magari anche molto calorici, ma che mantengono una peculiarità di eccellenza, cura, biodiversità, originarietà, senza pari. Senza pari.
A questo proposito voglio condividere il link ad un piccolo filmato che, nonostante qualche inesattezza dovuta all'esposizione "a braccio" e il contesto e la motivazione per il quale è stato fatto, fa capire molto meglio di come possa spiegarlo io, cosa vuol dire essere nati in Italia rispetto al resto del mondo:
A questo proposito voglio condividere il link ad un piccolo filmato che, nonostante qualche inesattezza dovuta all'esposizione "a braccio" e il contesto e la motivazione per il quale è stato fatto, fa capire molto meglio di come possa spiegarlo io, cosa vuol dire essere nati in Italia rispetto al resto del mondo:
Oscar Farinetti: La fortuna di nascere in Italia. Farinetti è il fondatore di Eataly, tanto per dire.
Detto questo, e visto il video, stamattina mi sono svegliata con l'intenzione di fare una torta. Perché in questi giorni, le cose dolci rappresentano, per molti che vivono da soli, il conforto e l'abbraccio che ci è stato negato.
Me compresa.
Apro gli armadietti e tiro fuori tutto, trovando farina e lievito vanigliato (che sapevo di avere) fave e lenticchie, che cucinerò nei prossimi giorni per rimandare il più possibile l'uscita per andare a fare la spesa, un sacchettino di farina di mandorle (e una misteriosa confezione di polvere di sesamo nero, scritta solo in cinese, che mi riprometto di studiare per l'utilizzo) un sacchetto di avena, bacche di goji e frutta essicata di quelli che si usano a colazione, gocce di cioccolato. Non ho latte, l'ho finito, ma non ho intenzione di uscire solo perché sono rimasta senza, per un po' posso farne a meno. Cerco in internet una ricetta di torta senza latte e letto sommariamente il procedimento, vado ad occhio e inizio ad impastare la mia torta.
Ecco, questa cosa dell'andare ad occhio, credo sia uno dei motivi per cui non sono particolarmente seguita, la gente ha bisogno di sapere grammi e porzioni, e io invece pervicacemente mi ostino a non darli. Confidando nella capacità intuitiva dell'andare a occhio che ti viene dopo che cucini per piacere tuo personale.
Nel produrre dolci questa filosofia di pensiero non ripaga molto pero'...
A testimonianza di ciò, le molte prove di torte riuscite male, gnucche e quasi immangiabili per chi non ha bisogno del sapore dolce in quel preciso momento li.
Ci sono le foto.
E le improbabili ricette.
Insomma, comunque sono andata ad occhio anche questa volta.
In una capace terrina ho messo un sacchettino di farina di mandorle (circa una tazza) e lo stesso di farina bianca 00. Un sacchettino (una monoporzione) di fiocchi di avena e frutta disidratata, di quelli che si usano per le colazioni sane, il tuorlo di un uovo, un pizzico di sale, due bustine di vanillina, un cucchiaino di cannella in polvere, una bustina di lievito vanigliato, un cucchiaio di zucchero integrale grezzo, mezza tazza di fecola di patate. In un padellino, su fuoco bassissimo, ho fatto sciogliere la quantita di burro che si userebbe per condire una pasta per due persone, e una volta unito il burro agli ingredienti, ho utilizzato il padellino per metterci l'acqua che man mano ho aggiunto per lavorare l'impasto. Alla fine di tutti questi inglobamenti, l'impasto deve risultare, omogeneo, non troppo fluido, ma con la consistenza di una polenta morbida.
Nel frattempo ho già acceso il forno a 170 gradi, ventilato.
Aggiungo le gocce di cioccolato, tante. Davvero tante, mezzo pacchetto (di un pacchetto grande quanto quelli normali del cacao amaro) e le amalgamo. In una ciotola a parte ho tenuto l'albume dell'uovo e con una frusta l'ho montata a mano finchè è diventata a neve soda.
Il forno è arrivato alla temperatura giusta. Incorporo l'albume montato a neve, lavorandolo delicatamente con la spatola, i movimenti dall'alto verso il basso, per unirlo all'impasto senza che si smonti e cercando di incorporare anche l'aria.
Verso il mio impasto in una tortiera quadrata con i lati di 20 centimetri, foderata di carta forno, cospargo la superficie con un pochino di zucchero e inforno appoggiando sulla griglia posizionata in basso e con la leccarda posizionata proprio nella tacca appena sopra. Ho visto che così, in questo forno, finalmente le torte cuociono anche sotto e così faccio. Più come rito scaramantico che altro.
Dopo circa mezz'ora, quaranta minuti, o comunque quando dal forno esce questo profumo di torta delizioso che ti riporta direttamente all'infanzia come un balzo nell'iperspazio, spengo il forno e lascio li. Fa parte sempre del rito.
Quando è passato un lasso di tempo sufficiente a farci dimenticare che abbiamo fatto la torta, apro il forno, scodello la torta nel fantastico piatto quadrato che sembra fatto apposta, e procedo all'assaggio.
La torta è ancora tiepida dentro, è rimasta morbida, ben lievitata, abbastanza dolce, forse troppo per i miei gusti, e gustosa.
Al secondo assaggio, ormai fredda, risulta ancora più buona.
Yeeh!
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