giovedì 31 dicembre 2020

La Mia Collezione di Peperoncini Piccanti e la Scala di Scoville


A Natale ho ricevuto in regalo una collezione di peperoncini piccanti. Il mio amore per i cibi piccanti è abbastanza noto a tutti e questo regalo soddisfa sia questa inclinazione sia la mia curiosità e voglia di comparazione dei vari sapori. Così l'altra sera ho cucinato degli spaghetti aglio e olio e ho proceduto all'assaggio dei vari peperoncini separatamente, in ordine di piccantezza. 

I livelli di piccantezza dei peperoncini seguono i criteri della Scala di Scoville o Scoville Heat Unit (SHU) che viene determinata dalla quantità di capsaicina contenuta nei peperoncini. In origine la determinazione di piccantezza era affidata all'assaggio, da parte di un gruppo di persone, di una soluzione del peperoncino da testare diluita in acqua e zucchero finché non fosse più percettibile il "bruciore" tipico della capsaicina. Inventore di questo test detto Scoville Organoleptic Test (SOT) è stato Wilbur Scoville nel 1912. In seguito ai progressi tecnologici il grado di piccantezza ora si misura con diversi test, tra cui il High Performance Liquid Chromatography (HPLC) detto anche Metodo Gillet, che ha una percentuale di errore del 12% rispetto alla percentuale del test di Scoville che è del 20%. I risultati della cromatografia HPLC vengono poi convertiti, per convenzione, nei gradi della Scala Scoville, dove il valore più alto rappresentato, dalla capsaicina pura, è stato determinato con il numero 16.000.000. 
Ogni anno vengono coltivati peperoncini con l'intento di superare il primato di piccantezza, detenuto fino a qualche tempo fa dal peperoncino Trinidad Scorpion Moruga, che ho avuto modo di assaggiare sotto forma di Crema di Scorpion Red prodotto da Goloserie Mediterranee (Sima Bio Srls di Ionadi in provincia di Vibo Valentia) che coltiva, raccoglie e produce creme di peperoncino di varie tipologie e altre prelibatezze ottenute con i prodotti delle loro coltivazioni. In quella occasione, dove ho potuto assaggiare salendo in ordine di piccantezza le loro creme di peperoncino tra cui alcuni Habanero, il Naga Morich e lo Scorpion, ho poi portato a casa la Crema di Habanero Chocolate, una meraviglia profumata, la loro salsina Piccantino dove il classico peperoncino piccante calabrese si sposa con acciughe, aglio e origano, una marmellata di limoni profumatissima e una marmellatina di cipolle di Tropea da gustare con i formaggi. Le creme di peperoncino sono formate dal peperoncino in questione (ne coltivano di diversi, con diversi gradi di piccantezza Carolina Reaper, Naga Morich, Habanero Red, Scorpion Red e Yellow, Habanero, Habanero Chocolate etc.) con sale e olio di oliva. Di alcuni ne basta la punta di un coltello perché sono potentissime. Qui il link al loro sito www.goloseriemediterranee.it  

Da qualche tempo lo Scorpion Moruga (2.000.231 gradi della Scala Scoville) originario di Trinidad e Tobago è stato detronizzato dal Carolina Reaper (1.569.300 - 2.000.200) ottenuto nella Carolina del Sud da incrocio tra Naga Morich e Habanero Rosso e portato alla luce dei riflettori nel 2011.
Sopra il Carolina Reaper, che rimane al momento il peperoncino "mangiabile" più piccante al mondo, nella scala Scoville si posiziona il Dragon's Breath (2.480.000 - 2.723.058) coltivato nel Galles il cui ingerimento può provocare shock anafilattico e reazioni allergiche e il cui olio essenziale è oggetto di studio per essere usato come anestetico, e il micidiale Pepper X (3.180.000) creato dallo stesso papà del Carolina Reaper, il signor Ed Curry proprietario della PuckerButt Pepper Company di Fort Mill nella Carolina del Sud. In attesa di essere decretato il peperoncino più piccante al mondo dal Guiness dei Primati, che continua a mantenere al primo posto il Carolina Reaper, il peperoncino Pepper X non è praticamente commestibile per il suo grado di piccantezza così elevato da superare anche quello degli spray al peperoncino in uso presso la Polizia degli Stati Uniti d'America che ha un grado nella scala Scoville di 2.500.000 - 5.300.000. 

Tra i miei peperoncini preferiti il Thai Pepper (chiamato anche Thai Dragon) arrivatomi direttamente dalla Thailandia la cui tipica forma snella e allungata, lo differisce dal Cayenna, varietà da cui ha origine. Molto aromatico e fruttato in Thailandia viene usato sia verde che a piena maturazione quando diventa rosso. Anche quando viene fatto essiccare, mantiene quel suo fantastico sapore molto piccante che lo pone sopra al Cayenna (30.000 - 50.000) da cui deriva, e gli fa raggiungere i 50.000 - 150.000 gradi nella scala Scoville. 

Il fantastico e sempre amato Peperoncino di Cayenna, originario della Guyana Francese che quando viene tostato in forno e macinato fino ad ottenerne una polvere prende il nome di Pepe di Cayenna.
La salsa Tabasco, ottenuta dalla omonima varietà di peperoncino (30.000 - 50.000). 
Peperoncino Calabrese (15.000 - 30.000) grande, essiccato e raccolto in trecce, che si può gustare anche tostandolo leggermente in forno e servendolo cosparso di olio e un pizzico di sale.  

Nel kit di degustazione della Montosco regalatomi da mio fratello Marco e Laura troviamo invece i peperoncini secchi tritati grossi:
Jalapeno (2.500 - 8.000) originario del Messico, verde, erbaceo con una piccantezza acerba che odorandolo prende alla gola.
Chipotle (5.000 - 8000) tipico e unico prodotto Messicano rosso scurissimo quasi marrone, ottenuto generalmente da peperoncini Jalapeno che subiscono un processo di affumicatura, ha odore e sapore di affumicato quasi di salsa barbeque.
Amando (30.000 - 50.000) varietà nata nel 1990 dal peperoncino Cayenna originario dell'America è ad oggi il più coltivato in Italia, rosso brillante classico, profumo non rivelatore, leggermente aromatico di peperone, bello piccante. Il classico per la aglio, olio e peperoncino.
Habanero (100.000 - 350.000) Coltivato nelle isole caraibiche, rosso spento quasi argilla, profumo e sapore inconfondibile quasi acetoso
Avere a disposizione diverse tipologie di spezie e di peperoncini, permette di variare il sapore della più semplice pasta o portata di cibo. Aggiungendo quel tocco che sollecita i sensi.
Come in questa pasta mista integrale con zucca e zucchine, aglio, olio, e filetto di tonno sott'olio a cui ho aggiunto una bella presa di peperoncino. Evviva!



lunedì 28 dicembre 2020

Una Serie di Primi


In questo periodo faccio fatica a sentire il trascorrere del tempo, dopo un Natale tranquillo trascorso in famiglia, la settimana che porta alla fine dell'anno è convulsa e viaggia a velocità tripla. In cucina ci sono gli avanzi del pranzo di Natale che ti accompagnano per un po' di giorni, e i buoni propositi per l'anno nuovo cominciano a gridare a gran voce.
Questa settimana quindi ho mangiato degli agnolotti fatti a mano, conditi semplicemente con burro e formaggio, accompagnandoli con spinaci al vapore.
Ho ripassato in padella un risottino ed è venuto bellissimo, con una crosticina croccante che sembrava una torta.
E ho preparato del riso jasmine integrale cotto in acqua per assorbimento, da servire con una cucchiaiata di yogurt e un cucchiaino di olio extra vergine di oliva, un insalata di spinaci e mela e delle arachidi sbucciate pazientemente e fatte tostare nella pentola di ghisa. Questa ultima combinazione mi è particolarmente piaciuta, perché appaga il gusto ma anche quel bisogno di mangiare sano che ti viene dopo le feste. 



giovedì 24 dicembre 2020

Gli Involtini, le Patate con l'Alloro, la Pentola di Ghisa e il Sapore dei Ricordi


Si preparano giorni di festa e di cibi in abbondanza, di dolci soprattutto e creme al mascarpone. Così oggi ho deciso di tirare fuori dal freezer delle fettine di manzo tagliate sottili e provare a fare gli involtini. Gli involtini sono un piatto molto gustoso, che permette molta libertà nella scelta di cosa avvolgere e anche con che cosa avvolgere, risultando spesso di fatto un modo accattivante per utilizzare le ultime parti rimanenti di affettati o formaggi. Non è un piatto che ho cucinato spesso, anche se ho dei ricordi di mia mamma che li faceva con il prosciutto cotto, una fettina di formaggio e una fogliolina di salvia, non ho memoria di che carne usasse ma forse era vitello, e ricordo il sughetto di burro e salvia, color nocciolino che andava a condire il purè di patate con il quale li serviva. 
E' un ricordo vago e non è entrato nelle ricette che spesso ho ripreso da lei. Ma l'altro giorno, chiacchierando al telefono con una mia amica, mi raccontava che sua mamma glieli faceva spesso e lei di conseguenza li ha cucinati molte volte, facendoli entrare nelle sue ricette della memoria.
E così, per traslazione di ricordi, l'altra mattina ho deciso che del carpaccio di manzo che avevo in freezer invece che straccetti ne avrei fatto involtini. Avevo un paio di fette di pancetta arrotolata  avanzate. Il carpaccio non è proprio adatto perché è troppo sottile, meglio sarebbe una bistecchina da appiattire semmai con il batticarne. Quindi ho sovrapposto leggermente due fettine di carpaccio di manzo, per renderle un pochino più spesse in centro, e ci ho adagiato un pezzo di fetta di pancetta, una fetta tagliata il più possibile sottile di formaggio Edamer (ma può andare bene qualsiasi altro formaggio che si fonda con il calore) una fogliolina di salvia secca (meglio sarebbe averla fresca).
Ho chiuso gli involtini facendo un rotolino e rincalzando i bordi come per chiudere un pacchetto. Non amo gli stuzzicadenti e detesto proprio metterli o trovarli nel cibo. 
Se proprio non si riuscissero a chiudere si potrebbero usare gli stecchini a mo' di ago, infilzando orizzontalmente con un movimento dentro/fuori e ricordandosi di eliminarli prima di servire. Anche così però, il rischio che una scheggia di legno si distacchi dallo stecchino e rimanga nella carne c'è.
E ingerirla può creare seri danni. 
Nel frattempo che si preparano gli involtini, ci si può portare avanti mettendo sul fuoco basso una padella con burro e salvia, e magari un pochino di cipolla tagliata finissima. L'involtino si cuoce a fuoco medio basso in pochi minuti se la carne è sottile, un po' di più se si è utilizzata una bistecchina.
Questa volta io stavo già cuocendo delle patate con foglie di alloro e cipolla nella pentola di ghisa, quindi non ho fatto altro che scostare le patate tutte da un lato, aggiungere un filino di olio e rosolare velocemente i mie involtini. La pentola di ghisa raggiunge e mantiene delle temperature molto più alte di quelle di una padella, quindi la carne cuoce subito e si attacca temporaneamente, così come succede su una griglia o una piastra. Una volta cotta, con una spatola rigida si distacca la carne e si fa rosolare bene su tutti i lati. Tolgo la carne e le patate e le tengo in un piatto coperto, caldo, tenuto vicino ai fornelli. Sul fondo della pentola di ghisa ci sono delle crosticine croccanti di patata, cipolla e di carne, spengo il fuoco, la pentola rimarrà caldissima ancora per un po', verso pochissimo vino bianco che inizia subito ad evaporare e con la spatola di legno distacco il fondo di cottura cercando di lavorarlo con il vino. Aggiungo un pezzettino di burro che con la sua componente grassa ingloba il fondo di cottura e lo rende cremoso, devo lavorare velocissima perché il calore è troppo alto e si rischia di bruciare. Con una spatola morbida recupero tutta la salsina che si è creata, facendola cadere sugli involtini nel piatto e in parte anche sulle patate.
Ecco il piatto è pronto. Il formaggio dentro gli involtini si è sciolto creando un cuore morbido e fondente, la carne fuori è rosolata tantissimo ed è diventata in alcuni punti quasi croccante. Le patate con l'alloro sono il sapore ricordo di mia mamma e gli involtini sono il sapore ricordo della mamma della mia amica, in un unico piatto due mamme e due figlie riunite di nuovo per dare nutrimento e affetto.



martedì 22 dicembre 2020

La Tajine Marocain


Tempo di caldaie e di storie di caldaisti. Questa in particolare racconta del caldaista che maldestramente fece cadere il coperchio della mia Tajine preferita, che si ruppe irrimediabilmente, del caldaista successivo che con occhio di falco individuò la mia padella in alluminio triplo fondo professionale, con il quale chiacchierai amabilmente di cibo e di come dopo anni di orfanato da Tajine, che usavo molto, finalmente ho trovato un negozio marocchino che vende verdura e frutta esotica e che in vetrina sotto natale aveva una bella Tajine in terracotta. Ah, e di come per pura fortuna, il coperchio della mia nuova Tajine sia della misura esatta della pentola di ghisa, così da permettermi di utilizzare quella come base, più sicura e più capiente, e riprendere a cucinare con questo fantastico metodo di cottura. 

Perché le cose cucinate sotto il coperchio della Tajine, sono molto più buone. 

Ma andiamo in ordine: la prima cosa da fare assolutamente, una volta acquistata una Tajine di terracotta è farle il trattamento. Pena vederla creparsi al primo utilizzo sulla fiamma del fornello.

Che cos'è una Tajine? Con il termine Tajine si identifica, come spesso accade in cucina, sia la tipologia di pentola che il risultato di ciò che ci si cucina dentro quella speciale pentola. Così una Tajine di agnello e verdure, tipica della cucina marocchina, sarà cucinata in una Tajine, solitamente fatta in terracotta. 

Diffusa nella cucina araba nord africana dell'ovest, la Tajine arriva dalla cultura berbera e dal Maghreb, e solitamente viene utilizzata per cucinare direttamente sulle braci di legna. Tradizionalmente è fatta in terracotta, smaltata esternamente ma non completamente, per permettere quel tipo di cottura lenta che appartiene anche alla nostra tradizione delle cotture nel coccio. 

Ma la Tajine nasconde un segreto proprio nella sua forma. Il coperchio conico infatti, una volta creatasi la condensa, la fa ripiovere uniformemente sul cibo in cottura, mantenendo i sapori all'interno della cappa, e aiutando a cuocere più velocemente i cibi ma come se fossero cotti in tempi lunghissimi. Praticamente una pentola a pressione arcaica.

Per fare in modo che questa pentola possa resistere alla cottura sulla fiamma diretta del fornello, è necessario acquistare uno spargifiamma e soprattutto fare il pretrattamento.

Il pretrattamento delle pentole di terracotta prevedere di immergerle completamente, per 24 ore, in acqua fredda. E questa fase, con la forma conica del coperchio, è piuttosto difficile. Ho dovuto mettere la Tajine in una tinozza dai bordi molto alti, appoggiata sul piatto della doccia, e per sicurezza ho tenuto immerso il coperchio prima in un verso e poi nel verso contrario per il doppio delle ore previste. Già una volta avevo incautamente crepato una Tajine, messa direttamente sul fuoco e non volevo si ripetesse l'infausto incidente.

Dopo le 24 ore di immersione, è necessario far asciugare la pentola e il coperchio appogiandoli in modo che rimangano sollevati, così da far asciugare bene anche l'interno. L'asciugatura prenderà altre 4/5 ore circa. A questo punto bisogna adottare una mentalità aperta e fiduciosa: nei testi è scritto che tutte le parti della pentola e del coperchio, sia quelle smaltate che quelle lasciate a vivo vadano strofinate con uno spicchio di aglio tagliato a metà. Questo perché, sempre secondo le scritture, l'aglio disinfetta e "sigilla" la terracotta. Si lascia assorbire una mezz'oretta ancora e poi si strofina di nuovo tutte le parti  con un pezzo di carta imbevuto con un goccino di olio di oliva. Altra mezz'oretta di assorbimento e a questo punto la pentola è pronta per essere utilizzato, dopo averla sciacquata. 

Questo trattamento va fatto solo una volta, prima di mettere in uso la pentola. Se è prevista una cottura nel forno è necessario idratare la terracotta immergendola in acqua fredda per almeno un ora prima di usarla.

Nel caso non si usasse per parecchio tempo la pentola, va reidratata per un paio di ore. Per pulirla non vanno usati detersivi, se non pochissimo detersivo per i piatti a mano diluitissimo. Non si può mettere in lavastoviglie, non bisogna sottoporla a sbalzi termici, e dopo averla usata per cuocere è necessario lasciarla raffreddare prima di lavarla. Nel caso ci fossero crosticine di cibo sarà sufficiente mettere un pochino di acqua alla stessa temperatura della pentola e lasciarle in ammollo.

Se si utilizza anche la parte sottostante per cuocere, oltre alla necessità di uno spargifiamma, bisogna utilizzare il fornello più piccolo e meno potente possibile, ricordandosi di ungere con un pochino di olio il fondo prima di mettere i cibi e mettere un po' di acqua se nella ricetta non sono previste verdure.

A volte la base della Tajine in terracotta non è adatta comunque alla cottura e serve solo per portare in tavola i cibi, per questo le Tajine moderne hanno la pentola sotto in materiale antiaderente o in ghisa e spesso il cono è in ceramica. Ma il fascino e il sapore donato dalla terracotta è tutta un'altra cosa. 

Per evitare di spezzare la base di terracotta in cottura, nonostante tutto il pretrattamento fatto, ho deciso di utilizzare la mia pentola di ghisa, sulla qualche il coperchio a cono della Tajine, chiude perfettamente. La cottura non è a vapore, il coperchio non ha buchi di sfiato, la Tajine è smaltata solo in parte proprio perché la parte non smaltata fa traspirare. Sull'apice del cono, c'è un incavo che serve per impugnare il coperchio nelle manovre di controllo del cibo in cottura, ma anche per accogliere circa una tazzina da caffè di acqua. Di conseguenza quando si impugna bisogna stare attenti a non scottarsi con quell'acqua. Nel caso la condensa che si crea all'interno facesse sobbollire il coperchio alzandolo, sarà sufficiente frapporre uno stecchino o il manico di un cucchiaino tra il coperchio della Tajine e la base. 

Tutte queste regole potrebbero sembrare complicate e scoraggiare dall'uso di questa pentola, ma una volta interiorizzate perché se ne è compreso il motivo, la Tajine ripaga con ottimo cibo, succulento e saporito, che rimanda direttamente ai sapori del cibo genuino di una volta.

La Tajine è una pentola per cotture lente, stracotti e spezzatini, stufati e arrosti non aggressivi. Nel calcolo dei tempi di cottura vanno sempre aggiunti circa 15 minuti iniziali, che è il tempo che ci vuole alla pentola per scaldarsi, e va tenuto conto che la cottura continua anche dopo aver spento il fuoco per almeno altrettanti 15/20 minuti ancora. 

Chi ha la possibilità di fare un fuoco di legna, potrebbe trovare posto per la Tajine appoggiata tra le braci, facendo tornare al suo originario utilizzo questa pentola antica. La forma del coperchio richiama infatti la Lekanis in uso nell'antica grecia.

Le prime volte ci sarà un intenso odore di terracotta, ma poi più si cucina più le pietanze vengono buone. Va usata!

Oltre alle cotture lente di carni, può essere usata per cuocere il riso pilaf , il cous cous, fregola sarda, verdure e pesce a tranci piuttosto grandi.

Il riso pilaf per esempio, un piatto di origine turca il cui nome vuol dire bollito (ma la parola arriva dal greco pilaou), utilizza lo stesso metodo di cottura del cous cous, per assorbimento. Una cottura lenta che aggiunge sapore e profumo al cereale, rendendolo adatto ad accogliere sughetti e cibi succulenti.

Per fare un ottimo riso Pilaf, bisogna rosolare nel burro una cipolla tagliata finissima, a fuoco lento finchè diventa traslucida, a questo punto si aggiunge, a fuoco spento, il riso sciacquato e si mescola per insaporire. Si livella il riso e si aggiunge brodo o acqua calda salata oltrepassando il riso di 1 centimetro. La proporzione tra riso e liquido e 1 a 2, per ogni parte di riso ci vuole il doppio di acqua o brodo.

Trasferire la Tajine nel forno già caldo, statico a 190 gradi, per circa 35 minuti. Se non si possiede una Tajine, basterà coprire con un foglio di alluminio o un coperchio. In alternativa, con la Tajine si può cuocere direttamente sul fornello, a fiamma bassissima. Il riso non va più toccato fino a fine cottura. Una volta assorbita l'acqua o il brodo, si sgrana il riso e si serve accompagnamento. 

Al burro e cipolla si può aggiungere cannella e/o chiodi di garofano, al brodo invece si può aggiungere zafferano, in questa caso diventa come la ricetta del riso persiano. Il riso così cucinato si conserva coperto in frigorifero per due giorni, prima di servirlo va ripassato in padella con una noce di burro.

Una cosa importante da tenere a mente è che il cibo nella Tajine cuoce dal centro verso i bordi, Di conseguenza è meglio posizionare i pezzi più grossi e lunghi sia di verdura oppure la carne o il pesce, al centro e mettere le verdure più delicate che richiedono meno cottura tutte intorno.

Nella cucina magrebina sono varie le ricette che sfruttano la capacità della Tajine di rendere i cibi sempre più saporiti e gustosi man mano che viene usata. Ognuna di queste ricette assume un nome diverso: 

Mquali è un piatto a base di pollo, limone e olive nere, profumatissimo, dove spesso vengono usati i limoni conservati sotto sale tipici della cucina della zona del Maghreb.

Kefta che unisce morbide polpettine di carne di manzo cotte in una salsa di pomodoro e spezie.

Mrouzia, un piatto composto di carne di agnello cotto con prugne e mandorle.

Ricette a base di pesce e verdure, dalle cotture più veloci ma che riescono a concentrare sapore e morbidezza.

Contorni di verdura o frutta come le carote caramellate, che uniscono spesso il sapore dolce con la frutta secca, a pietanze di carne o di pesce.

La Tajine permette alle spezie come cannella, cumino, coriandolo, zenzero, curcuma di amalgamarsi nella cottura umida e lenta ai sapori della carne e delle verdure. Impregnandole e profumandole, rendendo anche una semplice ricetta che si cucina quasi da sola, una sinfonia di profumi e sapori che si trovano in piatti più elaborati e complessi da comporre. 

Una volta capita la potenzialità della Tajine, diventerà una pentola amica che sveltisce e fa da sola anche le cotture più lunghe e laboriose. Donando sempre di più una gustosa libertà.


Nel negozio marocchino ho comprato anche qualche verdura esotica e il platano. Così mentre nella base della pentola di ghisa, sotto il coperchio della Tajine, stavano andando a fuoco bassissimo dei tocchetti di petto di pollo, con verza, patate e un po' di Tandoori masala, e in una ciotola ho messo a bagno l'okra in acqua e aceto, ho rosolato le fettine di platano da servire come chips salate. E successivamente ho fatto rosolare brevemente le okra con qualche falda di peperone. Il petto di pollo che solitamente è un po' asciutto e stoppaccioso è invece rimasto morbidissimo e saporito. Direi che la storia della Tajine ha avuto, dopo anni, un lieto fine. 





sabato 19 dicembre 2020

La Maionese Marziana


La maionese fatta in casa è un piccolo lusso accessibile a tutti, sempre che venga! 
Per anni tutte le volte che ho provato a farla mi è sempre venuta un po' troppo fluida per i miei gusti, sempre buona ma finivo per usarla mixata ad altri ingredienti che la inspessissero perché mancante di quella bella consistenza che ti fa dire "Guarda che bella maionese compatta!"
Poi finalmente la svolta. 
Seguendo il profilo Instagram di Vita su Marte, nelle stories un giorno ho trovato tutta la sequenza video per ottenere una maionese soda come quelle comprate, non immaginate la voglia immediata di maionese che mi è venuta! Quindi ho tirato fuori dal frigorifero subito un uovo e il vasetto della senape,  così da averli alla stessa temperatura degli altri ingredienti. Perché uno dei segreti è proprio quello di partire con tutti gli ingredienti e gli utensili alla stessa temperatura, quindi o si mette l'olio in frigorifero con il braccio del minipimer o appunto si tira fuori tutto il resto per tempo.
Quindi mi accingo a preparare la maionese: nel barattolo del minipimer si mette l'uovo, 230 ml di olio, succo di mezzo o un limone, sale pochissimo, l'eventuale cucchiaino di senape. L'uovo deve essere integro.
Inserisco il frullatore facendolo appoggiare sul fondo e lo aziono senza muoverlo assolutamente, per almeno una ventina di secondi, o comunque fino a quando vedo che la maionese inizia a formarsi.
A quel punto muovo leggermente il minipimer così da incorporare l'olio e tutti i restanti ingredienti. 
Ecco: dopo anni di maionesi fluide la mia reazione è stata rimanere di sale. E poi, subito dopo, la contentezza suprema come quando partorisci un figlio primogenito tanto desiderato. 
Lo stupore di vedere una maionese soda, bella soda, sodissima che sembra comprata è impagabile.
Grazie a Gloria di Vita su Marte per aver condiviso il segreto!
Sono così contenta che il giorno dopo mi invento una insalatina russa, tagliando a mini cubetti una patata e una carota e facendoli sobbollire in pochissima acqua per qualche minuto, sono piccoli e devono rimanere belli sodi, bastano pochissimi minuti. Aggiungo una manciata di piselli extrafini, tirati fuori direttamente dal freezer così bloccano la cottura, intiepidiscono le altre verdure e rimane tutto bello verde i piselli, arancione vivo le carote. Trasferisco le verdure, scolandole bene, in una ciotola, aggiungo qualche cucchiaiata di maionese e in ultimo aggiungo una manciatina di capperi sott'aceto e un filetto di acciuga sott'olio. La voglia di assaggiare questa delizia è così inderogabile che scatto una foto in velocità senza curarmi del risultato. Perché il risultato più grande è quello sotto i denti!



giovedì 17 dicembre 2020

La Bellezza è Nei Dettagli


Mangiare è una azione che dobbiamo compiere per la nostra sopravvivenza, cucinare è una capacità che ci permette di avere il controllo sia economico che sanitario di ciò che mangiamo, apparecchiare e utilizzare strumenti adatti per mangiare è ciò che ci permette di vivere con una concezione di noi stessi che non scada nell'abbruttimento, anche se mangiare alcuni cibi con le mani può essere a volte molto sensuale, ma ciò non comprende il mangiare direttamente dalla pentola per non apparecchiare. 
Disporre il cibo con grazia e utilizzare materiali e fogge diverse per le stoviglie può fare la differenza tra mangiare e auto nutrirsi, dove il primo è il mero atto di fornire carburante al nostro organismo in una scala che va dal disinteresse completo verso ciò che si mangia fino alla passione per il cibo e l'arte culinaria, mentre il secondo comprende anche tutto ciò che a prima vista con il cibo e la sua fruizione non c'entra. Così the art of plating (l'arte dell'impiattamento) va a solleticare e coinvolgere tutti e cinque i sensi, crea rimandi alla cultura, incuriosisce e stimola ad espandere il proprio nutrimento non solo fisico. Chi cucina per se stesso spesso tralascia questa fase, io stessa lo faccio perché si cucina per mangiare e quando si ha fame si vuole tutto subito, quindi è difficile che mi cimenti nella vera arte dell'impiattamento, che va studiata e assimilata per raggiungere la gestualità necessaria a creare quelle piccole meraviglie. Ciò non di meno mi piace sollecitare i miei sensi utilizzando materiali diversi per le stoviglie, o piccoli attrezzi che permettono di dare un aspetto più curato e diverso ai soliti piatti.
Adoro le stoviglie di legno, soprattutto per servire le insalate, trovo che conferiscano un fascino aggiunto e una naturalità a tutto ciò che proviene dall'orto. L'insalatiera in legno lucida dei condimenti classici mediterranei aggiunge sapore alle insalate, il rumore delle posate di legno è un suono antico, che ci rammenta la nostra discendenza dai popoli della culla della cultura, il Mediterrano. 
Io la vinaigrette la faccio direttamente nel cucchiaio dell'insalata, sbattendola velocemente con l'altra posata fino a che diventa una salsina denso-fluida.
Utilizzare pentole in ghisa o in terracotta, davvero modifica, amplifica e migliora il sapore delle pietanze, sempre di più, ogni volta che ci si cucina dentro. 
Vivere da soli vuol dire a volte cucinare una dose doppia di risotto o di carne, così da avere uno dei pasti successivi già pronto. Io per esempio cucino sempre un po' più di riso, sia perché adoro il riso saltato, sia perché una porzioncina di riso fa da accompagnamento a delle verdure o a una insalata e risolve il pranzo. Ma mentre il risotto appena fatto e fumante ha fascino da vendere anche se servito così, a monticello sul piatto o tutto spianato quando è all'onda, il giorno dopo riscaldato non ha più lo stesso appeal. Ecco che un semplice strumento come il coppapasta, quel cerchio di metallo dal bordo alto che serve per creare torrette di cibo nel piatto, da nuovo smalto.
Se non si possiede un coppapasta, in alcuni casi è sufficiente compattare leggermente il risotto in una ciotolina e poi sformare, proprio come si faceva da piccoli con le formine per la sabbia.
La tecnica della formina permette di creare piccole bombe di gusto, stratificando per esempio tra due strati di una bella polenta calda uno gorgonzola o un taleggio, che con il calore si scioglie e poi, al momento di servire, si capovolge la scodella e salta fuori questo zuccotto giallo che racchiude la colata di formaggio fuso.
Il coppapasta però permette di lavorare direttamente nel piatto aggiungendo vari strati per creare piccole torri di delizie e all'occorrenza può servire per ritagliare grossi biscotti nella pasta frolla. 

Vivere da soli a volte richiede di essere la mamma di se stessi quando si è ammalati e bisogna raccogliere le forze per fare un vassoietto radunando tutto quello che può essere di conforto, mandarini, un tè caldo con qualche biscotto, le caramelle per la tosse, miele, una arancia già a spicchi, un bicchiere di acqua, i fazzoletti di scorta, lo sciroppo e le medicine, per poi crollare a letto con il proprio vassoietto della mamma li vicino su uno sgabello e tornare come bambini ammalati sotto le coperte.
O semplicemente aggiungere un dettaglio che apporti luce e calore, cura, alle piccole abitudini quotidiane, una candela accesa mentre si gusta il tè o la tisana alla sera, dei fiori freschi sul tavolo o un semplice fiore sulla scrivania dello studio o in camera sul comodino. Qualsiasi cosa possa aggiungere bellezza ed esprimere amore con il proprio essere luminoso, colorato, profumato, artistico, melodioso.
Per avere cura di sé ed essere amorosi e sentirsi amati. 
Perché se noi per primi non amiamo noi stessi come possiamo pensare che un altro da noi ci ami?
Lo diceva anche Gesù: "Ama il prossimo tuo come te stesso" dando per assodato ed implicito che ognuno per prima cosa deve amare se stesso, perché solo così, risolto e sereno, si può allargare la cerchia dell'amore agli altri, senza aspettarsi nulla in cambio. Solo per nutrire gli altri di amore e bellezza. 



martedì 15 dicembre 2020

Fegato al Burro e Aglio


Il fegato è una di quelle cose che apprezzi quando sei adulto. Molto probabilmente ha a che fare con un misto di sviluppo delle papille gustative, cultura e curiosità culinaria, maturità e capacità di mettersi in gioco e sperimentare. Non solo nel reparto alimentazione. 
Come spesso mi accade, lo acquisto sull'impulso di un bisogno che sento fortissimo ogni tot di tempo e che mi fa desiderare una serie di alimenti, tra cui il fegato, che presumo siano legati da un denominatore comune di cui il mio corpo va in carenza ciclicamente e quindi lancia il segnale. Ed è un segnale bello forte, un pensiero pervasivo che rasenta la smania.
Quindi mi ritrovo a mangiare quella categoria di alimenti per qualche giorno consecutivo, ma variando tra gli alimenti della smania.
Questa volta invece ho fatto due giorni consecutivi mangiando fegato, una volta cucinato con verdure mediterranee e questa volta cosi, semplice, burro e aglio. E salvia essiccata.
Il sapore del fegato è così intenso che mal sopporta gli abbinamenti prepotenti, la dolcezza della cipolla o la pungenza aromatica dell'aglio, la componente grassa e spumosa del burro nocciola, il profumo sopraffino della salvia. Sapori semplici, classici, che avvolgono e mitigano la prepotenza amarognola gustativa del fegato e lo rendono appagante. Un pochino di vino rosso e delle verze e spinaci al vapore con un filo di olio extra vergine di oliva. Una goduria!
E pensare che da piccola mi dovevano obbligare a mangiarlo e sono stata recalcitrante fino all'adolescenza...

martedì 8 dicembre 2020

il Tè Matcha



Recentemente ho visto un film documentario che parla di un artista australiano molto in sovrappeso che accetta di nutrirsi come fanno i giapponesi, per tre mesi, ed essere filmato in tutto il suo percorso. Il film si intitola "Miso Hungry" è molto carino e motivante. Sull'onda del film ho rispolverato alcune abitudini alimentari sane che già avevo anni fa, mangiare più spesso alghe, tofu, verdure fermentate e verdure crude, utilizzare il miso, seguire una proporzione tra verdure e proteine e carboidrati nettamente a favore della prima categoria etc. Inoltre ho fatto arrivare il tè matcha, che secondo quello che viene detto nel documentario, avrebbe la prerogativa di aumentare la velocità del metabolismo, senza gli effetti collaterali delle bevande tonico nervine tipo il caffè o la cola. Il Tè Matcha è in polvere, sono le foglie di te letteralmente polverizzate, di conseguenza quando si beve il tè matcha non si sta bevendo un infuso, come con gli altri tè, ma si stà "mangiando" una sorta di frullato di foglie di tè. 

E' per questo che gli effetti del tè matcha sono molto più incisivi degli effetti del tè ottenuto per infusione delle foglie. Si mette un cucchiaino scarso con un pochino di acqua e si frulla. Se non si vuole comprare il frullino giapponese in bambù, quello che viene utilizzato per fare appunto la Cerimonia del Tè con il tè matcha, si può benissimo utilizzare il creamer elettrico per fare il cappuccino, quella specie di mini frullino di forma circolare, alimentato a batterie, che si usa per montare il latte. Il tè matcha lavorato con un pochino di acqua si miscelerà per bene e a quel punto si può aggiungere la restante parte dell'acqua. Si può preparane una tazza per volta oppure una dose maggiore da tenere in caldo in un thermos, avendo l'accortezza di agitarlo un pochino poco prima di berlo, per riomogeinizzare la polvere di tè all'acqua. 

Gli effetti del bere tè matcha con costanza dovrebbero farsi sentire a breve, e magari nei primi giorni dare luogo ad una azione detossinante piuttosto urto. 

Il sapore del tè matcha dipende dal grado della qualità acquistata, io ne ho preso uno di grado medio ed ha un sapore leggermente erbaceo e di nocciola cruda. Non amando molto il sapore aspro del tè verde classico, avevo paura che così concentrato fosse imbevibile, invece si è rivelato gradevole.

La polvere di tè matcha può essere utilizzata per fare anche frullati, cappuccini, aggiunta nello yogurt o per farne dei dolci. In questo caso è preferibile scegliere quella di grado alimentare (come ho scelto io) così da poterla usare anche per cucinare senza dover pensare a quanto costa al grammo.

domenica 6 dicembre 2020

Ragù alle Verdure dell'Orto


Ogni tanto mi piace preparare il ragù di verdure, più che altro per la soddisfazione che mi da tagliare a cubetti regolari la verdura. La domenica mattina è perfetta per farlo, fuori c'è un silenzio interrotto solo dal chiacchiericcio delle persone uscite da messa che si sono soffermate nella piazzetta sotto casa.
Oggi lo preparo con aglio, sedano, tantissima carota e zucchine. Faccio rosolare le verdure brevemente con poco olio extra vergine di oliva nella pentola antiaderente a triplo fondo e aggiungo pelati e foglie di basilico. Lascio cuocere coperto per un'oretta abbondante, a fuoco minimo. Sul fuoco più piccolo che ho. 
All'ora di pranzo, metto un po' di acqua con pochissimo sale nella pentola antiaderente sottile, quella che cuoce tutto subito. Metto subito la pasta a freddo, orecchiette pugliesi, l'acqua arriva appena a coprirle, il fuoco altissimo, quello più grande che ho, e giro per far inumidire bene tutti i pezzi di pasta.
Inizia a bollire e abbasso un pochino. Quando l'acqua è assorbita per due terzi metto qualche mestolo di sugo, prelevando al contempo un po' di acqua di cottura della pasta per metterla nella pentola del ragù. Spengo il sugo, che lascio raffreddare per poterlo mettere in frigorifero  in un contenitore di vetro. 
Ne ho fatto in abbondanza proprio per tenerne da parte un po'.
La pasta cuoce nel ragù che mano a mano si addensa e grazie all'amido rilasciato dalla pasta nell'acqua di cottura crea una cremina morbida che lega la pasta al sugo. Il difetto del ragù di verdure infatti è quello di rimanere un po' slegato, perché ha pochissimi grassi ed è alto in idratazione. 
Continuando a muovere la pasta, con il famoso movimento di polso tipico degli chef, si ha davvero una amalgama cremosa e avviluppante.
Impiatto e cospargo con una bella macinata di pepe nero in grani, tre sorsi di vino rosso per accompagnare e il pranzo della domenica è fatto. 





venerdì 4 dicembre 2020

Zuppa di Cereali e Lenticchie del Mugnaio


Ogni tanto vado a fare compere dal mugnaio. Nello specifico al Molino Cazzaniga a Missaglia, che si trova vicino a casa mia. Il Molino Cazzaniga è uno degli ultimi mulini con la macina a pietra ancora funzionante e utilizzata per macinare cereali differenti e creare farine profumatissime, aromatiche e dal sapore pieno. Presso il mulino si trovano anche degli alimenti da loro confezionati che riportano ai sapori di una volta, zuppe di soli cereali o soli legumi o, quella che io amo di più, di cereali e legumi insieme. Sono pacchettini contenenti un mix di cereali a grano intero e piccoli legumi, che cuociono senza bisogno di ammollo, in 45/60 minuti al massimo. Danno luogo a gustose zuppe dal sapore antico e sostanzioso, nutrienti e saporose. 
Si possono fare con sola acqua oppure aggiungendo verdure o pasta, oppure con le acque di cottura delle verdure. L'altro giorno ho fatto cuocere a vapore un broccolo romanesco e in sequenza spinaci e foglie di verza, ho tenuto via l'acqua di cottura e oggi la utilizzo per cuocerci la zuppa, che prenderà un saporino leggermente ferroso, vista la concentrazione di sali minerali dell'acqua di cottura delle verdure.
Nella pentola antiaderente a triplo fondo, metto una carota, un gambo di sedano e una cipolla, lavati e tagliati a dadini. Aggiungo una foglia di alloro e pochissimo olio extra vergine di oliva, appena le verdure sono ammorbidite e traslucide, ci verso il misto di legumi e cereali, sciacquato brevemente sotto il getto dell'acqua corrente. Faccio insaporire mescolando il tutto con un cucchiaio di legno e aggiungo l'acqua di cotture delle verdure e acqua bollente fino a coprire di un paio di dita il volume della zuppa. Abbasso al minimo il fuoco, uso quello piccolo per il caffè, e copro. Ogni tanto controllo, la zuppa sobbolle piano e aumenta di volume perché assorbe i liquidi. Aggiungo acqua bollente se vedo che manca liquido e manca ancora molto alla fine del tempo di cottura. Di solito la gusto così ma a volte aggiungo un paio di manciate di pasta mista, calcolando il tempo di cottura della pasta a ritroso da quanto manca alla fine del tempo di cottura della zuppa. In quel caso soprattutto, ma anche quando non aggiungo pasta, una volta concluso il tempo di cottura, lascio la zuppa 5 o anche 10 minuti coperta a fuoco ormai spento. I sapori si amalgamo, le consistenze si assestano e tutto diventa ricco e morbido, denso al punto giusto. 
Oggi l'ho servita molto molto densa, si poteva mangiare con la forchetta, accompagnata da qualche cimetta di broccolo romanesco e soprattutto dalle foglie, che amo molto, belle carnose e sode. 
Ottima!



martedì 1 dicembre 2020

Agnello in Padella e le Patate e Alloro della Mamma


Se c'è una cosa che, ogni volta che le faccio, mi ricorda mia mamma, sono le patate e alloro cotte in pentola a pressione. Con la consistenza di patata arrosto mista a patata bollita, con il sapore semplice dell'olio di oliva, dei granelli di sale e il profumo intenso dell'alloro, con la cremina morbida di patata sciolta, intorno ad ogni pezzo, che sa fortemente di patata, alloro, olio e sale. 
Mia mamma le faceva in pentola a pressione, che usava spesso e che fortunatamente mi aveva insegnato ad usare prima di ammalarsi e scomparire. 
Per molto tempo non sono riuscita a mangiarle senza che mi venisse un groppo in gola, per molto tempo, subito dopo, non le ho fatte. 
Da adulta, superata a mia volta l'età che aveva lei quando è morta, ho imparato a parlarne senza avere un blocco, e a fare mie le ricette che faceva quando ero bambina.
La ricetta è molto semplice e veloce, e forse l'ho già spiegata in un altro post di questo blog: un filo d'olio nella pentola a pressione, 4 o 5 foglie di alloro, patate tagliate a cubi di 3 cm di lato circa, e rosolarle a fuoco alto, continuando a girare con il cucchiaio di legno perché si attaccheranno alla pentola. Una volta rosolate uniformemente su tutti i lati e creata una sorta di inizio di crosticina, mettere un dito di acqua sul fondo della pentola e chiudere. Alzare la fiamma che andrà abbassata al minimo appena la pentola a pressione inizia a sibilare. In 4 minuti circa dall'inizio del fischio, le patate saranno cotte. Sfiatare, aprire e a fuoco medio alto/alto, aggiungere una presa di sale fino e girare delicatamente le patate con il cucchiaio di legno, di modo da far assorbire l'eventuale acqua rimanente. Si creerà una crema tipo patata schiacciata molto diluita, che ci deve essere, poca ma dev'esserci. Servire nel piatto con qualche granello di sale in bella vista e un filo sottilissimo di olio extra vergine di oliva.
Sono adatte ad essere servite insieme a carni cotte semplicemente, perché il loro profumo di alloro non venga sovrastato da sapori troppo intensi e complessi.
Oggi le ho fatte mentre in una padella antiaderente facevo rosolare delle costolette di agnello leggermente infarinate, in olio, aglio e salvia. L'agnello non deve cuocere troppo, deve essere rosa all'interno, una spolverata di pepe e un pochino di sale e si gusta così, quasi in purezza. 

lunedì 30 novembre 2020

Tofu e Verdure a Cotture Concatenate


Se c'è una cosa che mi da grandissima soddisfazione è cucinare in maniera ragionata più cose concatenate o in parallelo. Questa volta ho unito alla cottura concatenata anche la cottura delle verdure appena comprate, così sono già pronte per i giorni successivi e non mi ingombrano il frigorifero perché sono voluminose. Così quando porto a casa la spesa dell'ortolano, tolgo subito le foglie al sedano, le lavo e le metto in un contenitore ermetico per usarle nelle insalate, cuocio subito metà delle erbette o degli spinaci e tengo l'altra metà in un altro contenitore ermetico per usarle a crudo anche loro nelle insalate, questa volta ho comprato anche una verza enorme, che non mi stava nel cassetto del frigorifero e così ho staccato qualche foglia esterna e le ho messe subito nella stessa pentola dove avrei cotto gli spinaci, con poca acqua e a strati, sotto la verza e sopra gli spinaci. C'erano dei porri molto lunghi e ho tagliato un pezzo di parte verde, lavata e aggiunta nella pentola delle verdure. La cottura di queste verdure a foglia non richiede molto tempo, anzi appena appassiscono spengo. Le prelevo con una pinza, mettendole in ciotole separate e strizzo più possibile recuperando l'acqua di cottura, che poi serve per fare brodini veloci e gustosi e ricchi di sali minerali. Acqua di cottura che ho usato per cucinare a vapore anche il broccolo romanesco, il brodino che si è creato oggi era veramente ricco!
Nel frattempo questa mattina è anche arrivato il tofu che ho ordinato online. Premetto che non amo molto il tofu, ma rappresenta una ulteriore alternativa a carne, pesce e formaggi. Ho trovato un negozio online che ne manda 6 pezzi da 200 grammi ciascuno ad un buon prezzo, confezionato ermeticamente, in frigorifero si mantiene per un bel po'. Con il tofu mi piace fare soprattutto delle creme mousse spalmabili proteiche, unendolo al tonno oppure al prosciutto cotto al posto del burro o della philadelphia che normalmente si usa per queste ricette.
Oggi invece l'ho fatto rosolare per bene, in una padella dove avevo rosolato e cucinato porri, carote e peperone tagliati a tocchetti. Le verdure hanno lasciato un sughetto che ha insaporito e caramellizzato il tofu. L'ho servito sul letto di verdurine e condito con un filo di olio extra vergine di oliva e una spuzzata di aceto. A parte ho anche preparato una insalata di rucola, pomodoro e tocchetti di peperone.
Riuscire a servire verdure cotte, verdure crude e una piccola parte di proteine, rappresenta un modo sano e variegato di mangiare senza annoiarsi con sempre le solite cose. Prepararle in anticipo permette di non avventarsi su altri cibi più insidiosi, per mancanza di tempo. 





mercoledì 25 novembre 2020

La Zuppa di Cipolle




La zuppa di cipolle è una cosa buonissima che bisognerebbe fare più spesso. A me piace anche senza l'ultimo passaggio, con la fetta di pane e il gruyère a gratinare in forno, che la rende golosa ma più calorica. La ricetta è molto semplice, richiede una cottura di 35 minuti più il passaggio in forno se si vuole fare completa, quindi va premeditata almeno un'oretta prima della cena. 
La storia della zuppa di cipolle è carina, ed è legata ai mercati rionali ortofrutticoli parigini, dove in inverno era lo street comfort food per eccellenza, venduta per strada, veniva messa a cucinare fin dal mattino presto, sobbolliva quieta e accompagnata da un pezzo di pane e una grattugiata di formaggio serviva per riscaldarsi durante le giornate umide e nebbiose di mercato. 
Servono un paio di litri di brodo bollente e bisogna accendere per tempo il forno se si vuole fare la gratinatura finale. 
Per cominciare io scelgo di preferenza le cipolle bianche, che sono più tenere e dolci, ma ho provato a farla anche con quelle dorate. Utilizzo la mia pentola di ghisa, oppure una bella pentola capiente, con il triplo fondo, che trattiene e spande bene il calore durante la cottura. Nella pentola già calda e con un pochino di olio extra vergine di oliva e un pezzo di burro, faccio rosolare a fuoco lentissimo 1 kilo di cipolle bianche tagliate molto sottili (ad anelli o a fette il sapore cambia fate le prove!) con una foglia di alloro e una capocchia di chiodo di garofano sbriciolata dentro. Dopo aver rosolato un pochino le cipolle, una rosolatura morbida al limite della stufatura, non devono assolutamente abbrustolire ma solo diventare traslucide, aggiungo un paio di cucchiai di farina bianca, oppure di farina di riso, e con il cucchiaio di legno le muovo facendo in modo che la farina si distribuisca bene su tutte le fette di cipolla. Alzo il fuoco e faccio tostare leggermente, sale il profumino tipico della farina tostata e a questo punto aggiungo un mestolo di brodo bollente, meglio sarebbe avere brodo di carne ma per una versione più leggera va bene anche brodo vegetale o di dado o anche solo acqua bollente. Aggiungo un mestolo e lavoro con il cucchiaio come per creare una simil besciamella, dove la farina ingloba il liquido e diventa pastosa e densa. Faccio così per 3 o 4 mestoli, lavorando e addensando, e poi abbasso di nuovo il fuoco, con la pentola di ghisa la sposto addirittura sul fornello più piccolo, quello per il caffè, al minimo, e aggiungo il restante brodo, circa un litro e mezzo. Copro con il coperchio e lascio cuocere per una trentina di minuti, controllando e girando ogni tanto. Solitamente io mi fermo a questo stadio, dopo 35/40 minuti di cottura la cipolla è morbidissima e dolce, il brodo denso e caldissimo. Mi prendo un bel paio di mestoli di zuppa e li verso nella scodella dove aggiungo un po' di formaggio grattugiato, una macinata di pepe bianco e un girino di olio extra vergine di oliva.
Se si vuole proseguire nella ricetta, il forno deve essere già caldo, si versa qualche mestolo di zuppa in terrine individuali resistenti alle cotture in forno, ci si appoggia sopra una bella fetta di pane rustico, anche un po' raffermo, si cosparge con una abbondante sformaggiata di gruyère grattugiato un po' grosso, e si infila in forno il tempo necessario a che si crei la crosticina e il formaggio si sciolga e diventi filante. Si serve così, ustionante di forno, avvertendo gli eventuali ospiti della temperatura lavica della zuppa, e si gusta sorseggiando un bel bicchiere di vino rosso tannico oppure in tendenza contraria un calice di vino bianco fresco magari francese. 
La zuppa di cipolle è molto diuretica ma soprattutto toglie la nebbia dal cuore. 





sabato 21 novembre 2020

Torta di Mele della Fame Chimica



Il mio approccio all'esecuzione dei dolci è un po' quello che potrebbe avere un adolescente nerd con la fame chimica. E così come il nerd non ho quasi mai in casa gli ingredienti che servono.
O per lo meno non tutti nello stesso momento.
Di nuovo in lockdown, l'ultima spesa non di frutta e verdura, risalente a metà ottobre, mi tocca improvvisare traendo ispirazione per i pesi dalla bustina di lievito per dolci e dividendo a metà perché sono da sola:

225 grammi di farina di avena e di riso, con più preponderanza per quella di avena
1 uovo
1/2 bustina di lievito istantaneo per dolci
una presa di sale
Per prima cosa accendo il forno a 180 ventilato, così inizia a scaldarsi, impasto tutto direttamente nel barattolo da 1 kilo di yogurt, dove ne è rimasto sul fondo circa 5 cucchiai, aggiungo 3 cucchiai di olio di vinaccioli (non ho burro) e 3 di amaretto di Saronno. Non ho zucchero ma ho un vasetto piccolo di marmellata di limoni che devo far fuori perché è troppo densa per spalmarla, la diluisco con acqua calda (non ho latte) e aggiungo all'impasto. 
Lavoro l'impasto finché diventa fluido, aggiungendo altra acqua se serve.
In una tortiera antiaderente dove ho già posizionato la carta forno, verso l'impasto che essendo fluido si dispone uniformemente. Ho 2 mele Gala, le lavo e taglio a fette verticali, togliendo solo picciolo e fondo, lascio buccia, torsolo e semi. Dispongo le fette in maniera ordinata creando un motivo a raggiera e cospargo con un paio di cucchiaini di zucchero di canna integrale Mascobado e fiocchetti di burro dell'ultimo pezzettino che mi è rimasto.
Inforno e calcolo 25 minuti. Passato il tempo la torta è ancora pallida e dal centro lo stuzzicadenti riemerge un pochino umido, ci vorranno altri 35 minuti circa per vedere l'aspetto dorato che hanno di solito le torte e sentire spargersi per casa il buonissimo profumo.
Non è lievitata molto ma ha un sapore pieno e gustoso, la parte superficiale e i bordi sono belli croccanti e finalmente posso gustarmi una bella fetta di torta di mele che mi accompagnerà per qualche giorno a colazione o a merenda con il tè. 
Good job bro'!








venerdì 13 novembre 2020

Pizza Casalinga con la Massa


Dopo diversi tentativi di fare la pizza in padella, sono tornata alla pizza classica, fatta in forno. Questa volta ho anche comprato la massa lievitata dal panettiere Paolo Sala Bakery, e l'ho messa in frigorifero per qualche giorno. Questa cosa del lasciare in frigorifero qualche giorno la pasta lievitata comprata fresca è già la seconda volta che la faccio. Compro e me la dimentico in frigorifero, finché lei manifesta la sua presenza, lievitando ancora di più e occupando più spazio. Ultimamente così facendo sono venute pizze molto alveolate, scrocchiarelle fuori e morbide e ben lievitate dentro, quindi continuo a rifare il rituale.
Prendo la massa lievitata nel frigorifero e delicatamente, con le punte delle dita, la adagio sulla placca foderata con carta forno, non la tocco se non per i due angoli, la faccio ondeggiare un po', di modo che la gravità agisca e la allarghi e allunghi. Accendo il forno. Intanto che la pasta lievita ancora un po' stesa sulla placca, preparo con un po' di passata o del triplo concentrato diluito con il liquido dei pelati, e ci aggiungo sale e pepe, origano sbriciolato, un pochino di aglio secco o cipolla disidrata a volte, oppure basilico in foglie intere fresco. Di solito non ho mozzarella per pizza in casa, quindi metto gli avanzini dei formaggi oppure una bella sformaggiata di Grana o Parmigiano, in questo caso appena prima di tirarla fuori dal forno.
Questa volta avevo anche delle patate bollite avanzate, le ho messe a tocchetti insieme a qualche oliva taggiasca sott'olio, e rucola. Un filetto di alice a crudo sulla parte di pizza lasciata solo con pomodoro e formaggio. 
Il forno è già caldo, al massimo (nel mio caso 220° ventilato) inforno più in basso possibile, dopo 10/15 minuti giro la placca, in modo che cuocia uniformemente. In 20/25 minuti la pizza è pronta, bella croccante fuori ma morbida e bollosa dentro. Una bontà.