Ci sono delle volte in cui si sente il bisogno di mangiare i cibi tradizionali magari legati a ricordi di infanzia o magari provati in un ristorante tipico. L'Italia ha una cucina regionale così variegata da una zona all'altra che fanno della nostra cultura gastronomica la più ricca al mondo. All'interno della Regioni stesse si possono trovare piatti tradizionali solo di alcune zone o città, testimonianze storiche delle vicissitudini che hanno imperversato sulla nostra penisola, invasioni, commistioni, fusioni, territorio di partenze e arrivi per viaggi di esplorazione e scoperte di nuovi mondi.
La ricetta del risotto alla Milanese originale, prevede l'utilizzo di ingredienti che non fanno più parte del nostro cibo quotidiano, come il midollo di bue, ma che in parte trova nell'abbinamento con gli ossibuchi una rimembranza di quella cucina sostanziosa, calorica e grassa che serviva per affrontare gli inverni freddi e soprattutto umidi di queste zone.
Oggi ho voluto riproporre questo fantastico abbinamento ma con un occhio alla semplicità che porta alleggerimento senza togliere al sapore. Ci sono nuove tecniche per preparare il risotto che mondano da ingredienti e alcuni passaggi e ho voluto sperimentare se poi il risultato è gratificante quanto la ricetta originale che è ormai improponibile nella cucina di tutti i giorni sia per reperimento di alcuni ingredienti sia per apporto calorico.
E se sperimentazione deve essere che sia estrema. Seguendo alcune tecniche di Eugenio Boer ho provato a fare un risotto tostato a secco, così che l'unico apporto di grasso è il tocchetto di burro a crudo finale. Procediamo.
Per prima cosa bisogna mettere a cuocere gli ossibuchi, che hanno un tempo di cottura maggiore rispetto al risotto. Ho un brodo vegetale che ho tirato fuori dal freezer e ho già messo a scaldare.
Nella pentola antiaderente metto una carota, una cipolla e una gamba di sedano, tutti tagliati a dadini, una foglia di alloro, due o tre chiodi di garofano, un cucchiaio di olio extra vergine di oliva e un paio di cucchiai di acqua e faccio sudare le verdure. Quando le verdure sono morbide alzo la fiamma e metto a rosolare gli ossibuchi che ho leggermente infarinato, rosolo bene da entrambi i lati, stando attenta che le verdurine non si abbrustoliscano, sfumo con un bicchiere di vino bianco o rosato, e poi aggiungo un po' di brodo caldo, abbasso la fiamma al minimo e copro. Nei prossimi 35/40 minuti gli ossibuchi vanno solo controllati, girati, aggiunti di brodo se serve, fino a che diventano morbidi e il sughetto è di una consistenza cremosa. Quando mancano circa venti minuti alla cottura finale degli ossibuchi, imposto il riso. Metto una pentola antiaderente sul fuoco più grande a fiamma alta e quando la pentola è bella calda ci metto il riso così, a secco. Continuo a girare il riso con un cucchiaio di legno per evitare che si bruci, e per fare in modo che ogni granello di riso riceva il calore della pentola. Ogni tanto avvicino il palmo della mano al riso per capire se è diventato bello caldo, quasi rovente e solo a quel punto, quando ha raggiunto un grado di calore piuttosto elevato, inizio ad aggiungere il brodo, due mestoli, e a lavorare il riso in modo che si amalgami al brodo in maniera omogenea. Abbasso la fiamma, unisco lo zafferano, un paio di bustine, sciogliendolo un pochino con l'aggiunta di altro brodo. A questo punto c'è chi tiene controllato e aggiunge un mestolo alla volta, o chi calcolando a occhio quanto brodo serve per ultimare il tipo di riso scelto, lo mette tutto in una volta. A seconda del riso (Arborio, Carnaroli o Vialone Nano i più adatti) alla fine dovrà risultare un risotto piuttosto al dente, e all'onda. Spengo il fuoco sotto il riso e sotto gli ossibuchi, aggiungo un pezzo di burro e una bella manciata di grana padano grattugiato al riso e lo lavoro con il cucchiaio di legno di modo che si crei una bella mantecatura. Servo il riso su un piatto tenuto al caldo, creo una conchetta nel riso che riempio con il sughetto degli ossibuchi, posiziono gli ossibuchi vicino al riso, coprendoli con il loro sughetto e porto in tavola. Nel tempo di impiattamento io riso continua a cuocere e diventa perfetto, il chicco cotto a puntino, la mantecatura addensata il giusto per sostenere in una sola forchettata, riso e pezzo di carne, opponendo la giusta densità alla carnosità particolare e un po' callosa dell'ossobuco e ai punti dove invece è tenerissima. Vicino alle posate, si mette anche un cucchiaino, che servirà a prelevare il midollo dall'ossobuco, boccone prelibato che si scioglie sul palato, ponte di unione tra la nostra epoca e il passato.