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giovedì 12 settembre 2024

Planted

 


Sono una curiosa, non posso negarlo, mi piace provare cose nuove, così mi sono messa a provare queste nuove carni vegetali, comparandole, e trovando le mie preferite che sono quelle della Planted. Molto facili da cucinare e gustose sia per consistenza che per sapore, di Planted ho provato i bocconcini alla Mediterranea, che ho servito con una insalata fresca di soncino e pomodori e un po' di riso Jasmine Thailandese e il Kebab (il mio preferito) che ho invece gustato con una delle mie insalate preferite, il radicchio quello a forma di boccioli verdi o bruni. 
Buonissimi!





venerdì 5 febbraio 2021

Riso alla Cantonese Invernale


Avevo voglia di riso alla cantonese l'altro giorno, ma mi mancavano molti degli ingredienti classici (i piselli, il prosciutto cotto) così mi sono calata nella parte del contadino cantonese senza ingredienti e ho messo a cuocere per assorbimento un po' di riso Jasmine in acqua. nella pentola antiaderente. Poi frugando nel frigorifero ho trovato due uova, una carota, un porro e un po' di verza. Ho tagliato la carota a fette oblique e le ho aggiunte al riso in cottura. Ho ridotto le foglie di verza a striscioline e ho aggiunto anche loro, quasi verso la fine perché volevo rimanessero ancora croccantine, e infine ho saltato il riso ormai pronto con un pochino di salsa di soia, l'ho ammucchiato tutto da un lato, ho alzato la fiamma, messo un cucchiaino di olio di sesamo e ci ho sgusciato dentro le due uova, lavorandole subito e velocemente con le bacchette per romperle e strappazzarle. Le ho mischiate con il riso, spegnendo il fuoco e togliendo la pentola da quella posizione. una manciata di anelli di porro, uno splash di salsa di ostriche e il mio riso alla cantonese invernale era pronto. Ottimo!

giovedì 17 dicembre 2020

La Bellezza è Nei Dettagli


Mangiare è una azione che dobbiamo compiere per la nostra sopravvivenza, cucinare è una capacità che ci permette di avere il controllo sia economico che sanitario di ciò che mangiamo, apparecchiare e utilizzare strumenti adatti per mangiare è ciò che ci permette di vivere con una concezione di noi stessi che non scada nell'abbruttimento, anche se mangiare alcuni cibi con le mani può essere a volte molto sensuale, ma ciò non comprende il mangiare direttamente dalla pentola per non apparecchiare. 
Disporre il cibo con grazia e utilizzare materiali e fogge diverse per le stoviglie può fare la differenza tra mangiare e auto nutrirsi, dove il primo è il mero atto di fornire carburante al nostro organismo in una scala che va dal disinteresse completo verso ciò che si mangia fino alla passione per il cibo e l'arte culinaria, mentre il secondo comprende anche tutto ciò che a prima vista con il cibo e la sua fruizione non c'entra. Così the art of plating (l'arte dell'impiattamento) va a solleticare e coinvolgere tutti e cinque i sensi, crea rimandi alla cultura, incuriosisce e stimola ad espandere il proprio nutrimento non solo fisico. Chi cucina per se stesso spesso tralascia questa fase, io stessa lo faccio perché si cucina per mangiare e quando si ha fame si vuole tutto subito, quindi è difficile che mi cimenti nella vera arte dell'impiattamento, che va studiata e assimilata per raggiungere la gestualità necessaria a creare quelle piccole meraviglie. Ciò non di meno mi piace sollecitare i miei sensi utilizzando materiali diversi per le stoviglie, o piccoli attrezzi che permettono di dare un aspetto più curato e diverso ai soliti piatti.
Adoro le stoviglie di legno, soprattutto per servire le insalate, trovo che conferiscano un fascino aggiunto e una naturalità a tutto ciò che proviene dall'orto. L'insalatiera in legno lucida dei condimenti classici mediterranei aggiunge sapore alle insalate, il rumore delle posate di legno è un suono antico, che ci rammenta la nostra discendenza dai popoli della culla della cultura, il Mediterrano. 
Io la vinaigrette la faccio direttamente nel cucchiaio dell'insalata, sbattendola velocemente con l'altra posata fino a che diventa una salsina denso-fluida.
Utilizzare pentole in ghisa o in terracotta, davvero modifica, amplifica e migliora il sapore delle pietanze, sempre di più, ogni volta che ci si cucina dentro. 
Vivere da soli vuol dire a volte cucinare una dose doppia di risotto o di carne, così da avere uno dei pasti successivi già pronto. Io per esempio cucino sempre un po' più di riso, sia perché adoro il riso saltato, sia perché una porzioncina di riso fa da accompagnamento a delle verdure o a una insalata e risolve il pranzo. Ma mentre il risotto appena fatto e fumante ha fascino da vendere anche se servito così, a monticello sul piatto o tutto spianato quando è all'onda, il giorno dopo riscaldato non ha più lo stesso appeal. Ecco che un semplice strumento come il coppapasta, quel cerchio di metallo dal bordo alto che serve per creare torrette di cibo nel piatto, da nuovo smalto.
Se non si possiede un coppapasta, in alcuni casi è sufficiente compattare leggermente il risotto in una ciotolina e poi sformare, proprio come si faceva da piccoli con le formine per la sabbia.
La tecnica della formina permette di creare piccole bombe di gusto, stratificando per esempio tra due strati di una bella polenta calda uno gorgonzola o un taleggio, che con il calore si scioglie e poi, al momento di servire, si capovolge la scodella e salta fuori questo zuccotto giallo che racchiude la colata di formaggio fuso.
Il coppapasta però permette di lavorare direttamente nel piatto aggiungendo vari strati per creare piccole torri di delizie e all'occorrenza può servire per ritagliare grossi biscotti nella pasta frolla. 

Vivere da soli a volte richiede di essere la mamma di se stessi quando si è ammalati e bisogna raccogliere le forze per fare un vassoietto radunando tutto quello che può essere di conforto, mandarini, un tè caldo con qualche biscotto, le caramelle per la tosse, miele, una arancia già a spicchi, un bicchiere di acqua, i fazzoletti di scorta, lo sciroppo e le medicine, per poi crollare a letto con il proprio vassoietto della mamma li vicino su uno sgabello e tornare come bambini ammalati sotto le coperte.
O semplicemente aggiungere un dettaglio che apporti luce e calore, cura, alle piccole abitudini quotidiane, una candela accesa mentre si gusta il tè o la tisana alla sera, dei fiori freschi sul tavolo o un semplice fiore sulla scrivania dello studio o in camera sul comodino. Qualsiasi cosa possa aggiungere bellezza ed esprimere amore con il proprio essere luminoso, colorato, profumato, artistico, melodioso.
Per avere cura di sé ed essere amorosi e sentirsi amati. 
Perché se noi per primi non amiamo noi stessi come possiamo pensare che un altro da noi ci ami?
Lo diceva anche Gesù: "Ama il prossimo tuo come te stesso" dando per assodato ed implicito che ognuno per prima cosa deve amare se stesso, perché solo così, risolto e sereno, si può allargare la cerchia dell'amore agli altri, senza aspettarsi nulla in cambio. Solo per nutrire gli altri di amore e bellezza. 



martedì 17 marzo 2020

Instarecipe: Riso al Curry Super Rapido e Interdipendenza


https://www.instagram.com/p/B91ScrfohCW/?igshid=q6dct81p4p4a

Oggi mi sento un genietto del male... da tempo avevo perso l'ispirazione per scrivere su questo blog, perché, colpevole un cambio di ritmo di vita, spesso ciò di cui ho bisogno è mettere sotto i denti qualcosa di rapido, il più possibile sano e gustoso ma senza complicazioni.
Così giorno dopo giorno ho fatto ricettine veloci, magari pubblicando su instagram la foto del piatto, ma sterilmente, senza spunti.
E ciò mi disturbava in parte.
Ieri è stata una giornata particolare, dove ho dovuto mettere in moto molta interdisciplinarità per risolvere un problema nato come prettamente informatico e che poi si è rivelato spunto di riflessione più globale.

Interdipendenza è la parola chiave.

L'interdipendenza è quella qualità che ti permette, secondo Riccardo Agostini, di fondare una relazione amorosa sana e con più ampie possibilità di durata nel tempo. Per una spiegazione molto chiara, esemplificativa e con lo stile di Riccardo empatico, umano, ma molto diretto, rimando al suo canale Youtube di crescita personale. Spulciando tra i microvideo si possono trovare risposte illuminanti sugli abitanti di Marte e di Venere e i problemi di comunicazione tra loro, nonché spunti per diventare più completi in sé e per sé.

Ma l'interdipendenza è una chiave che si può applicare a molti frangenti della nostra vita.
Così stamattina, mi si è accesa una lampadina. Invece di lavorare parallelamente su due canali diversi, a discapito sia dell'uno che dell'altro ho deciso di apportare delle modifiche di comportamento e dei momenti di interdipendenza di un canale nell'altro, così da creare una coppia dove ognuno mantiene le sue peculiarità, ma apporta valore aggiunto all'altro.

Nasce così in questo blog, da oggi, un filone che chiamerò Instarecipe: seguito dal titolo e da un semplice rimando alla pubblicazione su intstagram di queste "non-ricette", questi spunti di abbinamento, di ciò che magari ho trovato gustoso in giro. E per converso, sul profilo Instagram troverò il modi di rimandare a quello che pubblico sul blog, anche fosse solo una considerazione o una ricetta mentale.

Felice appetito!








venerdì 10 marzo 2017

La Rice Cooker e il Curry di Manzo






Stamattina mi sono svegliata con una voglia di mangiare curry, ma nessuna voglia di cucinare...
Così ho messo al lavoro la mia Rice Cooker.

Dopo aver ripassato i fondamentali del curry, e aver tirato fuori dal freezer due bistecche di manzo e una melanzana già affettata, ho messo un goccino di olio extra vergine di oliva nella pentola interna della rice cooker e ho aggiunto una bella cipolla bianca tagliata a fettine, due patate sbucciate e cubettate, la melanzana a straccetti, due bei cucchiai di curry di Madras, il contenuto di cinque capsule di cardamomo affumicato, un chiodo di garofano e due cucchiaini di una miscela di cocco e lemongrass. Appena ha iniziato a rosolare ho aggiunto la carne tagliata a cubetti.
Dopo qualche minuto, ho aggiunto una bottiglietta di succo di pomodoro e due cucchiaini di sugo Mutti al peperoncino. acqua bollente fino a coprire e ho lasciato mano libera alla mia rice cooker.
In realtà durante la fase di rosolatura delle verdure e della carne, ho dovuto imbrogliarla, togliendo la spina e rimettendola due volte, perché per lei la cottura era ultimata e si era messa su warm.
Una volta aggiunta l'acqua invece, ha borbottato felice fino a portare il mio curry ad una consistenza perfetta. Per ultimo ho aggiunto una manciata di piselli direttamente dal freezer. Con il calore della pietanza diventano morbidi sodi, restando belli verdi, pronti da gustare, come piacciono a me.
Nel frattempo ho preparato un po' di riso Jasmine in un pentolino. Dieci minuti ed era pronto. Ho servito il riso come accompagnamento al curry, spolverizzando il tutto con semi di fieno greco macinati al momento.
La casa sa di curry e me ne gusto una porzioncina in più. Poi sono pronta per andare al lavoro!


Dopo tanti anni di uso sono andata a cercare come funziona questa fantastica pentola ed ecco, tratto da Sakura Magazine, l'affascinante storia e funzionamento della rice Cooker:

14 gennaio 2015 by Sakura
Esiste di tantissimi modelli e oggi è usato in molte parti del mondo, ma è soprattutto in Giappone che ha raggiunto la sua popolarità: stiamo parlando del Cuociriso, che a partire dagli anni 60, si diffuse nel Sol Levante entrando a far parte delle case giapponesi come uno degli elettrodomestici più amati.
Il cuociriso, chiamato in Giappone Suihanki, è sicuramente usato per cucinare il riso, ma non solo. I giapponesi lo usano infatti per cucinare anche altri cibi, a volte da soli a volte contemporaneamente al riso, risparmiando così tempo e fatica.
Dato il suo enorme uso è difficile trovare una casa giapponese che non ne abbia uno in cucina. Usarlo è molto semplice: basta inserire il riso lavato nell’apposito “pentolino” del cuociriso insieme alla giusta quantità di acqua richiesta; posizionare poi il pentolino all’interno del cuociriso e avviarlo premendo il pulsante di avvio. Abbastanza facile da utilizzare, pratico e veloce, ormai è diventato uno strumento indispensabile per un giapponese. Impossibile farne a meno.
Eppure la domanda viene spontanea: … e allora come facevano le massaie e casalinghe giapponesi a cucinare il riso prima che venisse inventato questo, ormai insostituibile, elettrodomestico?Prima del cuociriso elettrico, il riso veniva cucinato con speciali fornelli di argilla alimentati con fuoco e legna. Tenere sotto controllo il calore era difficile quindi il processo di cottura richiedeva costante attenzione e soprattutto la continua presenza di qualcuno. Per le donne quindi il preparare il pasto per la famiglia (sia pranzo che cena) era uno dei lavori domestici più faticosi, ancor più di altri. Prima “dell’era elettrica”, le mogli spendevano tantissime ore per sbrigare le faccende di casa: bucato, stirare, pulire e ovviamente… cucinare!
Il primo esemplare di cuociriso elettrico appare nel 1922, ma si tratta ancora di un’idea-prototipo, perché è solo nel 1953 che abbiamo il primo vero modello di cuociriso elettrico, inventato da Yoshitada Minami.
Secondo Minami infatti per cucinare dell’ottimo riso, bisognava che l’acqua raggiungesse l’ebollizione a 100 °C e ci rimanesse per 20 minuti prima che il cuociriso si potesse spegnere. Convinto di ciò, dopo varie ricerche, prove ed esperimenti di ogni genere, Minami trovò un modo per “automatizzare” il cuociriso e far si che si spegnesse solo una volta raggiunta la giusta cottura.
Si trattava di mettere una certa quantità di acqua tra il cuociriso e il pentolino. Una volta prosciugata l’acqua perché evaporata per il calore, il conseguente riscaldamento di alcune parti metalliche del cuociriso avrebbero fatto scattare un interruttore che avrebbe spento l’apparecchio.
A testare questo prototipo, ancora in fase sperimentale, fu proprio la moglie dell’inventore, Fumiko Minami, che trascorse giorni, se non addirittura mesi a testare, verificare e mettere alla prova ciò che il marito con vari tentativi metteva a punto, aiutandolo così a migliorare l’invenzione che di lì a poco avrebbe cambiato la vita di migliaia di giapponesi.
Secondo gli appunti rimasti, è emerso che i primi esperimenti non andavano a buon fine perché l’interruttore che doveva spegnere l’apparecchio alla giusta cottura, quasi sempre si spegneva prima che l’acqua raggiungesse l’ebollizione, che si surriscaldava e che non rispettava le giuste tempistiche. Minami allora lavorò ancora più assiduamente e con maggiore dedizione al progetto, arrivando a creare un design che meglio isolasse il calore. Per provarne l’efficacia e il buon funzionamento, l’invenzione fu addirittura testata in un ambiente con una temperatura di 10 °C sotto lo zero.
Risultato? Fu quello sperato! Finalmente dopo tanto lavoro e fatica, Minami era riuscito a completare il suo progetto, e il suo lavoro trovò i suoi frutti nel 1955 quando venne approvato in modo ufficiale ed entrò in commercio al prezzo di circa 3200 Yen.
Negli anni 60, quando la fine della Seconda Guerra Mondiale cominciava ad essere un ricordo, il Giappone iniziò a vivere un periodo di grande crescita economica: la scena è quella di mariti che lavorano tutto il giorno e tornano a casa tardi e mogli che fanno del loro meglio tra casa e lavoretti part-time. Le famiglie quindi ora non sempre riescono a condividere il pasto, ma mangiano spesso a orari diversi.
Possiamo quindi immaginare quanto frequente sia diventato l’uso del cuociriso, che ora sembra necessitare di una nuova opzione: “mantenere il cibo constantemente caldo”. Il cuociriso elettrico automatico diventa allora adesso un “Cuociriso-Thermos”, in grado di riscaldare ma anche di mantenere il cibo ad un calore costante.
Non fa però in tempo a “trasformarsi” che un nuovo tipo di cuociriso è già sul mercato: in questo stesso periodo infatti viene messo in commercio il Cuociriso a gas. In una società in cui la vita comincia ad essere più veloce e in corsa contro il tempo, il cuociriso a gas offre la possibilità di riscaldare i cibi ancora più velocemente. La versione elettrica dunque ha bisogno ancora una volta di migliorarsi se vuole competere sul mercato con il nuovo rivale.
La soluzione non tarda ad arrivare: il riscaldamento ad induzione elettromagnetica, proposto nel 1971 dagli Stati Uniti. Il tutto si basava su una spirale che girando velocemente creava un campo elettromagnetico ad alta frequenza che generava calore e riscaldava molto più rapidamente.
Dato il sistema di riscaldamento innovativo, si decise di applicarlo sull’apparecchio. La cosa fu fattibile, solo che il tradizionale pentolino in alluminio non era più adatto al nuovo livello di cottura, ne venne perciò inventato uno apposito in alluminio e acciaio inossidabile. Dopo le dovute modifiche quindi, il cuociriso si ripresenta nuovamente in commercio in una veste completamente nuova.
Oggi esistono un’enorme quantità di cuociriso, diversi per colore, marche, forme, design, capienza e per le numerose funzionalità. Ma non sono solo i cuociriso ad essersi evoluti ma anche…. il riso!
Esiste infatti un negozio a Tokyo (Meguro Ward) dove è possibile trovare in vendita ben 60 tipi diversi di riso provenienti da tutto il Giappone. Chiunque può scegliere il tipo di riso che preferisce in base al proprio gusto.
Toyozo Nishijima, proprietario del negozio sta da anni lavorando insieme agli agricoltori per ottenere dalle coltivazioni, diverse varietà di riso che possano adattarsi a diversi tipi di cottura in modo da poter così soddisfare le preferenze e i gusti dei clienti, riuscendo a raggiungere sempre una cottura ottimale del cibo. Se volete potete distribuire liberamente questo testo, in maniera non commerciale e gratuitamente, conservandone l’integrità, comprese queste note, i nomi degli autori ed il link http://sakuramagazine.com