Ogni volta che vado al lavoro passo per una scorciatoia, una stradina minuscola che inizia con alberi di ulivo e di melograno. In questo periodo il melograno è già carico di frutti, come palle di un albero di natale se ne stanno li appese, tutte orgogliose della loro sfericità. La strada fa una curva, campi di granoturco altissimo la delimitano, un muro frusciante di verde intenso che sembra volerti entrare in macchina, dopo la curva, sulla sinistra, c'è una piccola recinzione, all'interno galline razzolano sull'erba girando intorno a un gallo nero lucido come liquirizia, una asinella con la frangia lunga che si chiama Gelsomina, a volte è li così vicino al recinto che mi fermo a parlarle "come sei bellaaaa, sei tu che mi svegli di notte alle 4 ragliando eh?" e poi c'è la mia preferita, una capretta nana, bianca e nera, tondetta e silenziosa, smette di brucare e mi guarda con due occhi neri e profondi. Mi fissa e mi manda dei messaggi telepatici, ma non so ancora la lingua e quindi non li capisco. Però rallento sempre e la saluto.
Oggi provo il cous cous di riso biologico, l'ho fatto gonfiare con il brodo della zuppa di cipolle dell'altra sera, è diventato molto denso, per scaldarlo e ammorbidirlo aggiungo un po' di acqua bollente e una presa di sale alle erbe Rapunzel, lo lavoro un attimo e gli aggiungo ceci giganti, due tipi di olive nere, due pomodorini tagliati a pezzetti, semi di canapa sativa decorticati, quartirolo a cubetti e tonno sott'olio sgocciolato.
Lo servo con della cicoria aside tagliata fine e condita con aceto balsamico di mele.
Non è male, anche se forse ho aggiunto troppa acqua ed ha assunto una consistenza un po' molle, poco sgranata. Di solito il cous cous non lo faccio, perché quello di grano ha un sapore di cartone pressato che non mi piace. Questo non ha retrogusti strani, ha un sapore neutro che smorza gli altri sapori.
Ne metto un poco anche in una ciotolina a chiusura ermetica, sarà la cena di stasera al lavoro.
Il cous cous riempie e concilia il sonno, la digestione è veloce ma con qualche sbadiglio.
Vado al lavoro, passo dalla capretta e ci guardiamo, chissà come si chiama...
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