So che con questo post potrei deludere qualcuno, ma a me il coniglio piace molto, ed è legato a ricordi di infanzia, quando mia mamma lo cucinava la domenica per pranzo. Come me, ogni volta era diverso, cambiava le spezie e le erbe aromatiche, lo infarinava oppure no, lo sfumava con il vino bianco o rosso, oppure con l'aceto, ci metteva l'aglio o la cipolla o tutt'e due...
Quando mio fratello andò a vivere da solo, una delle telefonate che ricordo è stata una domenica mattina, voleva la ricetta per fare il coniglio come la mamma. E così, al telefono, gli ho spiegato le fondamenta della creazione di una ricetta mai uguale partendo sempre dallo stesso ingrediente.
Come qui, niente dosi, tutto a occhio e a naso e a udito, perché il cibo scrocchia, scoppietta, sibila, fa rumore, manda un buon odore quando è pronto e mentre lo mangi può avere consistenze tattili così diverse, morbido, croccante, denso, cremoso...
Oggi ho messo solo cipolla a dadini, alloro e salvia, bacche di ginepro e chiodi di garofano a rosolare in un tegame con un pochino di olio di vinaccioli.
L'olio di vinaccioli l'ho comprato per usarlo, miscelato con olii essenziali, dopo la doccia per idratare e nutrire la pelle del corpo. E' leggero, inodore e ricco di vitamine e antiossidanti per la bellezza della pelle. Lo metto con la pelle ancora ricoperta di gocce d'acqua, massaggio e tampono con il telo. Si assorbe magnificamente lasciando la pelle profumata, setosa e per niente unta.
Dopo poco ho aggiunto i pezzi di coniglio e tre patate sbucciate e lasciate intere, ho fatto rosolare tutto da tutti i lati, ho sfumato con aceto di riso e messo l'avanzo di brodo dell'altra sera, copro e lascio sobbollire a fuoco lento.
Nei quaranta/cinquanta minuti che ci vogliono per cuocere, ogni tanto giro i pezzi, aggiungendo un pochino di acqua solo alla fine e mi dedico alla cura dei capelli e alla doccia. Ho fatto i mestieri e la casa profuma, ho acceso candele un po' dappertutto, è il mio giorno di riposo e oggi lo vivo così.
Il coniglio è pronto, la carne morbida e il sughetto denso e saporoso. Le patate si tagliano con la forchetta, osservo il fumo uscire. Ho preparato un tè verde speziato, io detesto il tè verde, preferisco quello nero, ma fa bene e ho trovato questi tè verdi aromatizzati che sembrano i miei amati tè neri indiani...
Metto un pochino di Ajvar vicino alle patate e mi gusto in pace il mio coniglio.
L'Ajvar è una salsa serbocroata diffusa anche nel resto dei balcani occidentali più caldi e a Trieste, Gorizia, Udine. A base di peperoni e melanzane, cotti al forno, spellati e ridotti in purea, e addensati ulteriormente cuocendoli per ore in una pentola a fuoco basso aggiungendo aglio e peperoncino, a seconda della quantità di peperoncino l'ajvar può essere dolce o decisamente piccante. Alla fine si aggiunge un pochino di sale, a volte aceto, si chiude in barattoli di vetro e si sterilizza.
Spalmata sul pane o per accompagnare patate, patatine fritte, verdure, carne, raznici, cevapcici e pljeskavica, l'ajvar fa parte di quelle conserve molto diffuse anche nel sud italia, che permettono di godere delle verdure estive in pieno inverno, portano calore e sole e aiutano a traghettare fino alla prossima estate. Ha un gusto buonissimo, per me carico di ricordi di estati bambine passate in Yugoslavia, mangiando i raznici, con la cipolla cruda e il pane rustico e delizioso, patatine fritte vere e non industriali, e dolci a base di sfoglie, noci e miele simili a piccole baklava.
Erano giorni felici e semplici.
Nessun commento:
Posta un commento