Avendo a disposizione un po' di pasta madre, e avendo appena acquistato tutta una serie di farine direttamente dal mulino, il Molino Cazzaniga a Missaglia, che macina con mulino a pietra, mi sono cimentata a fare il pane in casa.
Per prima cosa ho lavorato la pasta madre con della farina mista campagnola, un pizzico di sale e acqua tiepida. Si impasta dapprima con l'aiuto di una spatola e poi lavorando la palla di impasto per un buon quarto d'ora abbondante. Copro con un canovaccio e metto a lievitare nel forno spento ma con la lucina accesa.
Ogni tanto controllo ma non mi sembra succedere nulla. Ho fatto un buchino sopra la palla, usando una bacchetta di quelle che servono per mangiare all'orientale. In teoria, lievitando, il buchino dovrebbe espandersi dando la misura della lievitazione. Dovrebbe arrivare a misurare almeno come una moneta.
Dopo 4 ore non ci sono risultati apprezzabili. Leggo che l'impasto con la pasta madre richiede più ore di lievitazione e che forse, se la coltura è appena partita, è poco reattiva. Decido di lasciarlo a lievitare tutta la notte.
Il mattino dopo, mi sveglio con il terrore che il mio forno stia traboccando di impasto lievitato. Come in una scena di un film di fantascienza anni '50.
Non è così. La pagnottella se ne sta li quiescente.
Allora decido di darle una svegliata e opto per il piano B.
Incomincio a rilavorarla unendo anche tutta una serie di fantastici semini che la renderanno rustica e saporita.
Aggiungo qualche manciatina di semi di: sesamo, sesamo nero, kummel, finocchio, papavero, semi di lino.
E poi mezzo cucchiaino scarso di bicarbonato di sodio e quattro cucchiaioni abbondanti di yogurt naturale. Lavoro l'impasto fino a che lo yogurt è tutto inglobato. Il forno è già caldo a 220 gradi e ho già sistemato dentro un pentolino con un po' d'acqua, l'umidità aiuta la lievitazione, per sicurezza aggiungo anche un po' di succo di limone, che aiuterà ad allentare le maglie dell'impasto e agirà in sinergia con lo yogurt a scatenare il processo lievitativo innescato dal bicarbonato. Verso il mio impasto piuttosto molliccio in una tortiera foderata di carta forno, cospargo di semi la superficie e li premo leggermente con le dita unte di olio. Inforno in basso, la prima mezz'ora a 220 gradi e poi la seconda mezz'ora a 180. Senza mai aprire il forno.
Alla fine spengo, busso sul fondo del pane e risuona vuoto (il che vuol dire che è cotto) e lo lascio, sulla carta forno ma tolto dalla tortiera, nel forno chiuso, spento ma ancora caldo, appoggiato sulla griglia.
Dopo circa 20 minuti, provo a tagliare una fettina, l'impasto non è lievitato moltissimo, ma la mollica e della giusta umidità che ha il pane ancora caldo ma cotto.
Ne mangio un pezzettino così e lascio raffreddare il resto fuori dal forno coperto con un canovaccio leggerissimo. La crosta fuori è bella croccante e i semi sono una gioia gustativa per il palato.
Come primo esperimento, dopo anni che non facevo il pane in casa, direi che non è stato male ma c'è molto margine di miglioramento.
Il lievito naturale intanto guarda dalla sua postazione, nel vasetto di vetro al riparo dalle correnti d'aria e vicino alla frutta per fermentare meglio.
Alla prossima avventura!
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